domenica 21 ottobre 2012

LA GALLINA TARTUFAIA

Carissimi amici,
eccomi di nuovo qui, dopo una lunga estate calda e un'assenza forzata dovuta a un intervento per la rottura del femore (haimè volevo fare la maratona ma se ne riparlerà il prossimo anno!!!) e la riabilitazione che ne è seguita.
Ritorno a voi con una  filastrocca dal profumo di campagna.
a presto
nonna Elda
LA GALLINA TARTUFAIA

La gallina tartufaia
era pronta già sull'aia
come sempre giù dal letto
per recarsi nel boschetto
con l'amico Serafino
un grazioso porcellino.
Lui allor l'accompagnava
col suo fiuto fino, fino
verso l'albero prescelto.


Egli un poco rozzo era
di scavare aveva fretta
"stai attento Serafino,
quel ch'è sotto vale oro
l'ansia va tenuta stretta
piano, piano si lavora,
anche se non vedi l'ora".


La Bianchina tartufaia
interviene in suo aiuto
con le zampettine anch'essa
la sua parte vuole far
ma lui sol possiede il fiuto
e continuano a scavar;
Sarà lieta la massaia
 e alla fine cosa appare?
"Uh che tubero stupendo!"
profumato e grosso assai
che i due osano tastare
e alla fine rimirar.


Con stupore e meraviglia
fu allor Bianchina stessa
a porre il bulbo profumato
sotto l'ala. "Che ti piglia?"
Serafino disse: "orsù,
se dovesse scivolare,
 se accadesse, che facciam?"
"E' di poco più pesante 
molto attenta io starò
e sull'aia arriverò"

Con accanto Serafino
la gallina tutta ansante
entrò dritta nel cortile
e con l'animo gentile
il tartufo consegnò
all'intrepida massaia
che soldin ne ricavò.

 
 
Eran stanchi ma felici
Serafino allor cantò
col grugnito suo migliore
" Oh che bel tartufo, ufo,
oh che bel tartufo ufo,
ufo ufo, ufo oh!"
La Bianchina, poverina
si diceva:"questo è matto"
Coccodè lei volle fare
di rimando al porcellino
un saluto a Serafino
che a dormire se ne andò.

giovedì 19 luglio 2012

Il grillo Gustavo



 Care amiche lettrici,


Un giorno mi è capitato di passeggiare in campagna anche per cercare qualche erba come ad esempio il tarassaco o il luppolo, quando ad un tratto vedo un bellissimo grillo che pareva mi stesse guardando: è rimasto immobile a fissarmi, fino a quando mi sono decisa ad andarmene: e allora, quando ha visto che mi muovevo per seguire il sentiero, si mise ad emettere tantissimi "cri,cri" come per salutarmi. Questi "cri" erano assai forti. Toh,mi sono detta mi ha salutato con dei "Cri", speciali.
Allora mi è venuto in mente di dedicargli qualcosa come la favola di un Grillo cantante. Ecco tutto.
Buona lettura  e...a presto!
nonna Elda

 
 IL GRILLO GUSTAVO

Gustavo era un grillo speciale.  Abitava in un campicello situato nei pressi di una palude e, fiero delle sue doti canore, amava esibirsi dopo il tramonto in una serie di prolungati "cri, cri' tanto possenti da sovrastare in intensità il coro pure vigoroso dei suoi compagni.
Questi lo ammiravano tenendolo quindi in grande considerazione quasi Gustavo fosse il loro capo supremo e non mancavano perciò di usargli rispetto e devozione.

Egli, accortosi del suo successo, si pavoneggiava non poco, pretendeva di correggere i suoi compagni quando qualche nota gli pareva stonata e, certo di essere applaudito con un sentito "cri" all’unisono, si esercitava sempre più nelle sue esibizioni canore.  Tuttavia il persistere di questo canto sempre più forte e prolungato suscitò ben presto la reazione degli abitatori della vicina palude, rane e ranocchi, nonché alcuni vecchi rospi, che capirono che mai il loro gracidare sarebbe stato udito ed apprezzato anzi sarebbe quasi sparito di fronte all’esuberanza  dei "cri", "cri".   

Volendo quindi salvaguardare il loro diritto al canto, rane e ranocchi si riunirono in consiglio per prendere una decisione.


Intanto Gustavo che si avvicinava sempre più alla palude per stupirli e anche infastidirli, vide una sera una stupenda ranocchietta che lo stava fissando immobile.  Tutto inorgoglito il grillo si dimenticò all'istante dei suoi compagni che lo attendevano per la lezione di canto, cercò di avvicinarsi alla rana e iniziò a mo’ di serenata un "assolo” come non si era mai sentito prima indirizzato a questa creatura che tanto lo attraeva.  Era la prima volta che si sentiva ammirato da una spettatrice cosi insolita e ai suoi occhi tanto carina.  La ranocchia allora gonfiò la sua verde gola e iniziò a gracidare prima timidamente poi più forte sino a richiamare l’attenzione dei suoi compagni e compagne ed ebbe inizio cosi un tale gracidare assai poco melodioso per i timpani delicati di Gustavo che egli ne fu scosso e quasi inorridito.


Come osavano queste creature emettere tali suoni sgraziati e rovinare la dolce assonanza   del suo canto?
Bisognava trovare un rimedio e cosi egli pure convocò il Consiglio per decidere.  Uno dei membri più anziani disse: " dobbiamo andare via di qui e cercare una nuova casa"; “no”' disse un altro, "questo posto è bello e poi qui sono nati i miei figli e non voglio muovermi"; 'allora" - disse un altro - "dobbiamo dire a quelle creature di smetterla col loro fastidioso gracidare'.  "invece - disse un altro ancora perché non parlare con il loro capo per raggiungere un accordo "Ben detto “rispose Gustavo che non desiderava turbare la ranocchietta con brusche prese di posizione e, scegliendo tre grilli anziani chiese loro di accompagnarlo alla palude per un colloquio.
Giunti che furono si levò un indicibile gracidare che turbò non poco i timpani del "maestro" (come tale i grilli consideravano Gustavo), ed egli allora si fece avanti baldanzoso e saltò su una pietra che sporgeva dall’acqua..



A questo punto un grosso rospo, che doveva essere moto importante, gli si parò davanti all’improvviso e appoggiando il muso sul sasso dove stava Gustavo gli chiese con tono burbero! che fai tu piccolo insetto nel mio regno?' A sentire le parole "piccolo insetto” Gustavo avrebbe voluto reagire, ritenendosi gravemente offeso, ma poi desistette vista la mole del suo interlocutore e rimase immobile.  Intanto quest’ultimo proseguiva dicendo "i miei consiglieri mi avevano avvertito della presenza estranea tua e dei tuoi compagni e del disturbo che ne derivava per i miei sudditi ma mai avrei creduto che avresti osato presentarti al mio cospetto.  
 Gustavo molto risentito, non volle tuttavia perdere la calma e disse "mio signore, sono qui con i miei consiglieri per proporti un accordo e per chiederti in sposa la bella ranocchietta alla quale dedicai una serenata la prima notte che la vidi", Il rospo si mise allora a gracidare cosi forte e sgradevolmente quasi fosse una risata sarcastica e rivoltosi ai sudditi esclamò: "sentite, sentite costui cosa mi chiede!  Avete mai sentito una tale assurdità?  "Che c'è di strano, rispose Gustavo, "io vivo in un bellissimo prato pieno di fiori stupendi, un vero paradiso.  "Caro signor grillo, tu appartieni ad un mondo che non è il nostro e la ranocchíetta, che tu vedi piccina, è si graziosa ma non potrebbe mai creare con te una famiglia perché appartenete a due specie completamente diverse .

 Togliti quindi dalla testa tale velleità . Forse solo l’animale a due gambe, chiamato uomo, potrebbe pensare con i suoi marchingegni a manipolazioni atte a creare mostricciattoli da un cosi folle connubio ma a me non interessa modificare il mio mondo.  Parlami ora dell'accordo" 'Ecco - disse Gustavo un po’ timidamente stavolta "Potresti invitare i tuoi sudditi a cantare meglio anzi potresti mandarli a lezione da me e cosi forse riuscirebbero ad esprimersi in modo più appropriato e anche un po’ più sommessamente".  Al rospo questa parve una buona idea e venne quindi deciso in quattro e quattr’otto lo studio del canto da parte delle rane, almeno di quelle più dotate.


La sera successiva, e altre ancora, sulla sponda della palude, si riunirono le rane da un lato e i grilli dall’altro con Gustavo al centro, impettito, e ne nacque dapprima un suono alquanto disordinato con molte stonature ma a poco a poco si arrivò ad un complesso meno stridente, molto più armonico - cosi parve a Gustavo - e ne sortì quasi un coro fatto di soprani, bassi e contralti alquanto piacevole tanto che alcune falene si soffermavano talvolta ad ascoltarlo.   

Gustavo era veramente fiero di sé e gongolò compiaciuto quando anche la ranocchietta gli rivolse il suo sguardo ammirato.  Il rospo rideva un po’ divertito anche se non apprezzava appieno gli sforzi del “maestro'.
Nulla in effetti era cambiato: i grilli continuarono a fare "cri, cri" sovrastati dal "cri' più sonoro di Gustavo, e le rane a gracidare forse un po’ più sommessamente per il numero ridotto delle partecipanti alle lezioni, ma tutti quei diversi suoni sapientemente mescolati, crearono una nuova armonia e un motivo di pace fra gli abitatori dei campo e quelli della palude.


sabato 14 luglio 2012

Un premio!

Carissime Lettrici, oggi vorrei ringraziare una di voi che mi segue sempre, Livia, perchè ha dato un premio al mio blog: GRAZIE!!!!!!!

 Come avrete intuito, alla mia veneranda età, non sono ancora riuscita a capire bene il funzionamento dei vari blog ed anche con il mio, sono supportata da mia figlia, la quale, mi ha anche spiegato un poco riguardo a questo premio: dovrei segnalare 10 blog che hanno meno di 200 followers. Purtroppo io, da neofita, non ne conosco ancora, ma sono sicura di fare cosa gradita nel ricambiare questo premio sia con Livia che me l'ha dato, sia con le altre lettrici che fino ad ora mi stanno sostenendo.
Ho scoperto che alcune persone si sono aggiunte anche ai miei followers e prima o poi riuscirò anche a farvi visita nei vostri blog.
Per ora, sentitevi libere di accettare questo premio come mio ringraziamento.
a presto!
nonna Elda

giovedì 5 luglio 2012

La papera Gelsomina


 
Carissimi lettori,e lettrici,
questa è la storia,a volte un po' triste di Gelsomina,un'anatra tanto buffa e diversa da tutte, che quelli della fattoria non mancavano di  deriderla e prendere in giro ogni volta che capitava loro tra i piedi. Meno il bambino del fattore: i Bimbi a volte sanno essere più saggi dei grandi. Comunque....ride bene chi ride l'ultimo,diceva un vecchio detto, e può darsi che qualcosa di buono doveva eserci nel cuoricino di Gelsomina,che pure aveva tanto sofferto.
Vedremo!
Buona lettura,e.....a rileggerci!


LA PAPERA GELSOMINA 



Quella mattina di primavera le papere starnazzavano tutte nel piccolo stagno in fondo all'aia, tutte tranne Gelsomina; lei non era come le altre papere; era assai più piccola ma il suo collo era più lungo quasi quanto quello di un'oca, e il suo piumaggio era completamente candido. 
 Tuttavia la sua maggiore peculiarità era il suo modo di esprimersi. Infatti anziché "qua" "qua" lei faceva "qui” “qui" con un acuto finale che destava l’ ilarità del fattore e dei braccianti della fattoria.
Le altre papere erano solite guardare Gelsomina dall’alto in basso; cercavano di evitarla in tutti i modi e lei se ne stava in disparte un poco triste e anche offesa.  

 Solo Giacomino, il figlio minore del fattore, pareva interessarsi a lei e a volte imitava divertito il suo richiamo.  Lei di rimando rispondeva cosi che ne usciva uno strano colloquio cacofonico al quale poi le altre papere indispettite subito reagivano con tanti "qua' "qua' di protesta. 



 Allora Gelsomina sconsolata andava verso il vecchio pozzo per bagnarsi in una piccola pozzanghera ivi rimasta dopo i frequenti prelievi di acqua e restava immobile e silenziosa fino a quando non udiva il richiamo del fattore che recava il becchime alle papere.  Gelsomina si portava quindi nelle vicinanze per un po’ di cibo ma le altre papere facendo cerchio attorno alla ciotola le impedivano di accostarsi, non solo,ingaggiavano una furiosa battaglia nei suoi confronti tanto che la poveretta doveva allontanarsi e cercare poi nel granaio qualcosa da beccare.   

Giacomino, quando era nelle vicinanze, le allungava qualche pezzetto di pane ma in famiglia le sue premure verso questa strana creatura non erano viste di buon occhio. Per loro Gelsomina era uno scherzo della natura che non prometteva nulla di buono ed anzi col suo acuto "qui “qui” era piuttosto fastidiosa.  Infatti non era ne anatra ne oca e per di più era terribilmente buffa con quel lungo collo su un corpo tanto piccino.  Un essere di cui ridere e nulla più.



Nel pomeriggio di quello stesso giorno, mentre le papere si recavano allo stagno in fondo all'aia, Gelsomina vide Giacomino uscire dal cancello e tentò di seguirlo. 
 Egli andava in direzione del piccolo lago oltre la curva della strada principale e, poiché appena fuori si era messo a correre ,la papera non riuscì a stargli dietro per cui una volta giunta in prossimità della riva vide che Giacomino era già nell’acqua e si allontanava in direzione della sponda opposta.  La papera stette a guardare per un po’ finché il ragazzo scomparve alla sua vista. 
 Il lago era piccolo ma alquanto insidioso laddove terminava in un folto canneto e varie erbe acquatiche che formavano un groviglio quasi impenetrabile.  Intanto era sceso il crepuscolo e Gelsomina, spinta dalla curiosità, dopo avere nuotato parecchio vicino alla sponda si avventurò più al largo sperando di scorgere Giacomino e prosegui al limite delle sue forze verso il punto in cui il ragazzo era scomparso.   

Ad un tratto si udirono delle voci in lontananza e quindi il fattore che chiamava “Giacomino, Gíacomino”  Altre voci concitate si udirono provenire anche dalla strada e Gelsomina intuì che stavano cercando Giacomino.  A questo punto la papera emise con tutto il fiato che aveva tanti "quiii quiii" acuti e prolungati che furono uditi dal fattore e da tutti coloro che si erano prodigati nella ricerca dei giovane.  Si era fatto sempre più buio ma la piccola sagoma bianca della papera venne individuata e il fattore con due braccianti a bordo della vecchia barca del guardiano poterono raggiungere Gelsomina la quale volgendo il capo verso il canneto continuava a ripetere “'.qui, qui, qui”.


Fu allora che si udì un fievole lamento provenire dal canneto e tutti si tuffarono nell’acqua annaspando nel buio e addentrandosi vieppiù nell’intrico delle alghe fino a toccare un corpo fradicio immerso quasi completamente salvo per le braccia aggrappate alle canne.  Giacomino venne issato a bordo quasi privo di sensi e portato in salvo.  

 Intanto Gelsomina con le poche forze che le erano rimaste nuotava lenta verso riva per ritornare alla fattoria.  Nessuno si era più curato di lei dopo il ritrovamento del ragazzo.  Giunta sulla riva si fermò per riposare e cadde in un sonno profondo.  

 Stava forse sognando quando le parve di udire delle voci, ma soprattutto , quella di Giacomino... si, era lui che la chiamava “Gelsomina-qui” svegliati, sono io,Giacomino!  Gelsomina apri gli occhi e notò che il sole era già allo.  ma come si chiese, "dove sono?« Ma ecco Giacomino prenderla fra le braccia come non aveva mai fatto ed offrirle una manciata di squisito becchime.  Tale fu la gioia di Gelsomina che strofinò il suo lungo collo a quello dei ragazzo ignorando il cibo perché per lei in quel momento ciò che contava di più era il caldo conforto di questo abbraccio che voleva dire "grazie, ti voglio bene”.

Da allora alla fattoria capirono che grazie a quella buffa creatura un miracolo si era compiuto e quindi Gelsomina entrò a far parte a tutti gli effetti della comunità delle papere che la rispettarono e la accettarono come compagna.  Da quel giorno fortunato si udì sovente alla fattoria un gaio coro di “qua qua" e 'qui qui" e Gelsomina divenne la mascotte da tutti benvoluta.

nonna Elda